Non è facile per me iniziare a scrivere questo articolo. È da tempo che voglio farlo ma allo stesso tempo ne ho molta paura. La mia passione per lo scrivere e per aprire blog vari è un chiaro indice del fatto che ho necessità di esprimermi (un bel quinto chakra blu brillante). Con l’espressione c’è sempre un certo grado di esposizione e internet fa paura perchè l’esposizione è possibile e non si sa mai dove si va a parare.
Ho paura di scrivere perché ciò che scrivo risulterà provocatorio, controverso e sicuramente non corretto politicamente. D’altronde manco i politici a volte sono politicamente corretti. Il mio blog al massimo se lo leggono parenti ed amici lo so, ad ogni modo mi spiace sempre rischiare di offendere o stimolare la sensibilità altrui. La mia osservazione riguarda questa pandemia, o almeno la chiamata tale. Vorrei subito dire che tutte le persone che hanno perso qualcuno a causa di questa situazione hanno tutta la mia solidarietà e a loro vanno tutti mi miei pensieri di amore. Parlerò di morte perciò forse volete rimandare questa lettura per il momento.
Prima che la pandemia diventasse tale, mi ricordo esattamente l’attimo in cui mia madre al telefono mi ha stava raccontando che l’Italia stava iniziando ad allarmarsi. Stavo camminando per le strade di Lisbona da sola e avevo pensato poco prima – dopo aver letto le notizie – che se un virus mortale stava arrivando e qualcuno si potesse offrire per morire mi sarei offerta. E non perché non mi piaccia la vita. Semplicemente se potessi “cederla” a qualcuno che ne ha più bisogno lo farei.
Pensare di morire vs accettare la morte di qualcuno
Qualche anno prima, c’era stato un chiaro momento in cui, mentre scoprivo che nel mio cervello ci sono dei buchi, avevo vissuto di colpo la paura di morire e la sua conseguente accettazione (il tutto avvenuto in una questione di attimi, e mi stupisco anche io di come sia stato veloce). In un momento ho pensato che se morivo ero già felice. Non mi è neanche venuto da piangere Non mi mancava niente e non avevo niente di irrisolto. Questa sensazione negli anni dopo si è rivelata liberatoria quanto alienante. Capirete voi che se non si ha più paura di morire in un certo senso la morte è più vicina, tanto che a volte mi sono ritrovata a pensare al suicidio.
Poi sei mesi fa un mio amico si è ucciso. È stato devastante. Perdere qualcuno che ami è un’esperienza ben più difficile della propria morte. D’altronde la propria dipartita dal mondo porta inevitabilmente la cessazione della sofferenza. Se cessi di esistere cessi anche di soffrire. Mentre se non siamo noi ad andarcene la sofferenza ce la prendiamo tutta. Non ho mai avuto la sensazione di non sapere come smettere di piangere e di non sapere come fare a comportarmi come una persona normale. Il dolore era così grande che non avevo alcun modo di controllarlo. Era lui a comandare e io non potevo fare niente se non viverlo.
Poche certezze, ma buone
Quindi, ecco anzitutto c’è questa questione della morte che comporta la sofferenza altrui. A pensarci bene però, l’uomo affronta la morte dall’inizio dei tempi ed è l’unica cosa che l’evoluzione non ci ha aiutato ad affrontare meglio.
La morte è l’unica vera cosa al 100% sicura della nostra esistenza. Ho provato a pensare ad un’altra cosa legata alla vita che è al 100% uguale e sicura per tutti e non l’ho trovata. Se la trovate sarò felice di sentirla. L’unica altra cosa che è abbastanza sicura è che se vivi almeno per qualche istante, respirerai e il cuore ti batterà.
C’è così tante possibilità e tante variabili nella nostra esistenza che non esiste quasi niente di certo, ma dato che ad adesso non conosco nessun immortale ne deduco che tutti gli uomini della storia che sono nati sono morti. Perciò muoriamo.
#IoRestoAcasa per non morire
Adesso, qualche mese fa è arrivato qualcosa che come tante altre cose arrivate in precedenza uccide.
Ciò che ha portato però è stata una reazione credo mai vista nella storia dell’umanità. Siamo rimasti a casa. Abbiamo smesso di lavorare e siamo stati a casa. Abbiamo cancellato i voli. Abbiamo chiuso le frontiere. Abbiamo annullato eventi: il calcio, i concerti. Per evitare che il sistema sanitario collassasse, nel caso dell’Italia. Per evitare di morire (che per carità è il primo degli istinti umani).
La parole “senza precedenti” è stata ripetuta all’infinito. Ma di fatto l’unica cosa senza precedenti è la nostra popolazione (vasta e densa), l’età delle persone (in media molto più alta del passato il che si traduce anche in debolezza) e il grande attaccamento alla vita. Nessuna società come la nostra è stata mai in grado di post-porre la morte in maniera così diffusa. Nessuna società ha mai avuto ospedali come i nostri, né medicine come le nostre. Nessuna società ha mai avuto così tanto cibo a disposizione, così tanti prodotti per prendersi cura di noi stessi. Così tanti medici, così tanti psicologi, fisioterapisti e infermieri. In nessun altra società ci si è mai operati così tanto per allungare la vita. E ci siamo riusciti così bene che quando è arrivato qualcosa che ci uccide ci siamo sorpresi assai.
Quello che è senza precedenti è a nostra illusione di essere invincibili.
Sovraffollamenti e manie di onnipotenza
Le società prima di noi avevano molto più chiaro nella mente il ruolo dell’uomo nel mondo. Potevano cercare quanti dei volevano, ma sapevano bene che se un giorno madre natura si svegliava male li spazzava tutti via in un soffio. E di fatto lo sappiamo anche noi. Abbiamo visto anche noi gli tsunami, i terremoti, le guerre. Chi di noi ha dovuto vivere queste tragedie da vicino con la morte ha confidenza. Perdere qualcuno che si ama è la cosa più dolorosa del mondo. Ma non è così improbabile come crediamo.
Così come non è improbabile morire.
Di fatto la maggior parte di noi, prende per certo il fatto che invecchierà (e speriamo tutti che lo faremo), quando di fatto non è per niente scontato.
Non ci rendiamo conto che tutto ciò che ci siamo costruiti (tecnologia, comodità, industrie di ogni tipo, intrattenimento, medicina) non possono niente contro l’inevitabile fatto che moriremo.
Moriremo e meno male lo faremo. Un’esistenza senza fine sarebbe insopportabile. Ci suicideremo o uccideremo tra di noi, anche perché se ancora fossimo in grado di riprodurci, ci uccideremo per necessità perché saremo troppi.
La verità è che moriremo un giorno, quando natura o gli dei lo vorranno. E non ci sarà #iorestoacasa che tenga. Cosa ne volete fare delle vostre vite prima di morire? Questa secondo me è l’unica risposta che vale la pena di ricevere risposta.
E non raccontatemi delle cose che volete fare e di quanti paesi volete visitare. Raccontatemi di cosa volete portare in questo mondo. Raccontatemi di cosa volete dare.
Quante volte ho fatto riflessioni analoghe a queste e quante volte ne abbiamo parlato insieme!
Di certo, come tu scrivi, nella vita c’è solo questo: se sei nato, prima o poi morirai.
E quel che resta da decidere e come impiegare il tempo tra la nostra nascita e la nostra dipartita. Che impronta lasciare di questo nostro passaggio.
“Che cosa resterà di me, del transito terrestre, di tutte e impressioni che ho avuto in questa vita…” Battiato sei chiedeva già molti anni addietro e più volte mi sono chiesta, ora che so che da tempo è malato, come se la vivrà questa fase della sua esistenza.
Adesso che sto davvero invecchiando e che la strada percorsa nella mia vita è certamente più lunga di quella che mi rimane, ci sono momenti in cui mi dico che, forse un po’ presuntuosamente, vorrei decidere come e quando .mollare e lasciare questa dimensione.
Nel frattempo sto davvero imparando a lasciare il controllo e vivere il qui e ora. Il regalo di essere qui a godere di un’altra primavera, di un nuovo inaspettato incontro con un’altra persona, della luce di un ennesimo tramonto.
Mi fa un baffo il Corona virus. Se dovessi ammalarmi non credo neanche che vorrei curarmi. La mia vita l’ho vissuta. Ho vissuto l’amore, ho sentito scorrermi dentro l’energia del creato, nella gioia e nel dolore, nella rabbia e nell’esaltazione….
Mi fa ancora incazzare però che il potere abusi dello strumento della paura per soggiogare le menti delle persone, pretendendo ubbidienza sotto la la minaccia di multe o sotto il ricatto morale del sacrificio. Il gioco lo conosciamo: controllare con la paurafu suona da migliaia di anni. Cambia il vestito della paura: l’inferno o il rogo, la guerra o il terrorismo….adesso la PANDEMIA!
Non so cosa lascio del mio transito terrestre e onestamente non credo di lasciare un segno. So che ho toccato i cuori di alcune persone e di essermi lasciata toccare.